(articolo pubblicato su Parole in rete nell’ottobre 2024)
Il nostro governo ha approvato definitivamente, su proposta del Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, il decreto per la privatizzazione delle Poste, allo scopo di incassare alcuni miliardi; la svendita non è totale ma prevede il mantenimento di una partecipazione dello Stato superiore al 50%. La rinuncia alla piena gestione statale dei servizi pubblici è un processo avviato in Italia agli inizi degli anni ’90.
In Italia il miracolo economico era stato trainato anche dalle grandi imprese pubbliche, tanto che nel 1991 il nostro Paese aveva raggiunto la posizione di IV potenza mondiale. Ma negli ultimi 3
trent’anni sono sempre più stati favoriti gli interessi privati, che hanno avuto libero gioco nello stabilire costi (per gli utenti) e propri ricavi e guadagni. Ciò ha riguardato tutti i fondamentali servizi della comunità e i beni essenziali, a partire dall’acqua potabile, per passare all’istruzione e alla cultura, alla sanità, le fognature, l’energia, il riscaldamento, i telefoni, le strade, le autostrade, le ferrovie. Persino la Banca Centrale è stata demolita, e posta sotto il controllo della BCE, che è un ente privato. Tutti questi servizi fondamentali si trovano ora in mani private.
Molti ricorderanno che la Corona del Regno Unito ormeggiò lo Yacht Britannia il 2 giugno 1972 al porto di Civitavecchia, pronto per imbarcare personaggi eccellenti che sull’imbarcazione avrebbero poi effettuato una crociera attorno all’Isola del Giglio. Se tecnicamente non possiamo dire che lo Straniero abbia in quella occasione messo piede sul nostro territorio, possiamo però essere certi che l’abbia fatto nei nostri affari: fu infatti durante quella crociera che si decise lo smontaggio, pezzo dopo pezzo, del patrimonio dello Stato italiano.
All’ancora del Britannia… (pardon, volevo scrivere “Sul Britannia all’ancora…”) stavano i più importanti nomi del modo finanziario, economico e bancario britannici. Ospiti italiani: rappresentanti di Eni, Agip, IRI, alti funzionari di banche, Assicurazioni… e naturalmente Mario Draghi del Ministero del Tesoro.
Che cosa voleva Londra?
Assumere il controllo della vita economica italiana. Ma occorre precisare che “Londra” sta per banchieri londinesi e loro associati newyorkesi (Salomon Brothers, Goldman Sachs, Merril Lynch, e loro ampia gamma di sostenitori.
Certo l’Italia non fu la prima vittima, anzi, il collaudo della svendita del patrimonio di stato avvenne proprio sull’isola britannica: dal ’79, grazie alla Lady di Ferro, misero le mani sull’economia inglese, nella piena espressione della filosofia super-liberista. Unico obiettivo delle lobbies: tagliare fuori gli Stati e i loro poteri, perché i privati potessero (e possano) esercitare nel migliore dei modi i loro interessi. Risultato dopo il governo Thatcher: l’economia britannica è diventata fra le economie europee importanti la più arretrata.
Dunque lo scopo anche per l’Italia era: trasformare il sistema economico italiano in un sistema in cui la finanza avrebbe felicemente prevaricato sia l’industria sia la politica, sia lo stato.
Dopo la crociera iniziò l’attacco alla lira e partì l’operazione Mani Pulite. Il regista attento delle privatizzazioni rimase a Draghi, che consentì l’intrecciarsi di affari di gruppi, famiglie oligarchiche e di banche internazionali oltreché di fondi speculativi.
Dunque dal 1992 è iniziata la dismissione delle proprietà di enti pubblici, di aziende statali, spacciata per privatizzazione: in realtà una svendita. Con decreto n. 333 del 1992 sono state trasformate in società per azioni IRI, ni, INA ed Enel. La privatizzazione ha coinvolto l’Ente Ferrovie dello Stato, l’Azienda dei Monopòli di Stato, Agip, Snam. Nel ’93 si è proceduto alla dismissione delle partecipazioni detenute dal Tesoro in Banca Commerciale. Italiana, Credito Italiano, Enel, IMI, STE, INA. Nel 2002 è toccato all’ANAS, poi al Centro Sperimentale di Cinematografia. Nel 1998: Biennale di Venezia. 1999: una serie lunghissima di enti per gli studi storici, letterari, archeologici, artistici, architettonici, erboristici e cinofili.
Grazie alla privatizzazione (= svendita) oggi l’Italia si trova in condizione nettamente peggiore di quella di una trentina di anni fa. Secondo la Corte dei Conti fra il 1993 e il 2010 sono state realizzate 114 privatizzazioni. Eppure, nonostante gli incassi delle svendite, il debito pubblico allora ammontante a millecinquecento miliardi di euro, oggi è quasi raddoppiato: è evidente che il falso obiettivo della riduzione del debito è stata una grande chimera.
Però il patrimonio è stato smantellato.
«Venghino, signori, venghino, che allo stesso prezzo non ve ne do uno, e nemmeno due: guardate cosa faccio, ne metto uno in omaggio e ve ne do tre…»