MADONNE NERE

MADONNE NERE

(servizio pubblicato su Oltre n. 29)

 

Madonne nere e fra storia e leggenda

Le Madonne Nere sono statue, scolpite nel legno. Per lo più in legno di cedro, talvolta in sambuco fenicio: legni dai notevoli contenuti di oli eterei, dotati di proprietà disinfettanti e antiparassitarie, quindi durevoli nel tempo, grazie alle caratteristiche d’opposizione a tarli, insetti e parassiti di tipo diverso. Anche gli Egizi adoperavano il cedro per costruire le casse in cui inumavano i loro cadaveri, e resine e oli di cedro erano farmaci utilizzati nel processo di imbalsamazione.

Le Madonne Nere non sono, generalmente, dei dipinti: l’icona di Czestochowa, Regina di Polonia, che regna nel santuario nazionale caro ai polacchi, costituisce probabilmente la più famosa eccezione. Il maggior numero di esse appartiene al periodo del Romanico, sebbene ne esistano esempi precedenti, più antichi. Dal Medioevo a oggi sono state oggetto di un fervido culto mariano.

I luoghi dove sorgono le chiese che ospitano (o ospitarono) le Madonne Nere possiedono sempre caratteristiche molto particolari: sono siti megalitici, luoghi sacri a tradizioni religiose e sacre che precedettero quelle cristiane. In quei luoghi preesistette lo svolgimento di culti, di antichi rituali sacri o di feste pagane, vennero commemorate festività annuali dedicate dai popoli (come i Celti) alle loro divinità, dove la presenza femminile era importantissima. E’ possibile talvolta verificare che la sacralità del luogo risale fino al Neolitico (grazie alla presenza di reperti archeologici posti vicino). Sono luoghi a stretto contatto con il passaggio di particolari energie telluriche, segnati dalla presenza di pietre e acque sacre.

Le Madonne Nere possiedono caratteristiche che le rendono somiglianti alle dee pagane assise in trono, e in esse sono riconoscibili simbolismi e segni di più antiche dee. Sono scarne, perturbanti madri in compagnia del loro bambino, che tuttavia appare per lo più privo di caratteristiche infantili, mostrandosi uomo già fatto, un uomo in miniatura. Sono molto diverse dalle altre Madonne, celestiali madri dal manto azzurro, pelle chiara e armoniose forme e proporzioni. Stanno (o stavano in origine) nelle ipogee cripte buie, invece che accanto agli altari delle chiese, come le altre luminose Madonne. Contengono molti misteri, che rimandano a un passato molto lontano.

Sebbene assai antiche, l’interesse culturale e artistico per queste particolarissime presenze delle fede cattolica iniziò a manifestarsi in occidente attorno alla fine dell’800 e proseguì per tutto il secolo scorso, riconfermandosi fino a oggi.

Come ben sappiamo nella religione cristiana non ci sono divinità femminili, tuttavia la Chiesa ha attribuito a Maria, Madre di Dio, molte caratteristiche che in precedenza appartenevano alle dee. Per esempio, la raffigurazione della Madonna – compresa la Madonna Nera – con il figlio Gesù sulle ginocchia, deriva dall’identica rappresentazione di Iside con il piccolo Horus. “Regina del Cielo” era la definizione appartenente a Inanna, antica dea sumera, ma anche alle forme divine Asherah, Astarte o Ishtar: lo stesso appellativo venne in seguito dato alla Madonna. Allo stesso modo i fiori attribuiti alle antiche divinità divennero in seguito i fiori della Madonna. Dunque la Madonna ricevette caratteristiche di antiche divinità, sebbene non le sia stato concesso potere divino; viene venerata nell’ambito cattolico come Madre, e nello stesso tempo come modello di purezza e castità, capace di rappresentare la vittoria dello spirito sulla carne.

Occorre tuttavia considerare che il cristianesimo fu, in principio, una setta del giudaismo, la quale operò il passaggio a vera propria religione in modo graduale, durante un tempo nel quale dovette affrontare plurimi antagonismi religiosi. Fra questi forte era l’influenza della religione della Grande Madre Cibele (accompagnata dal figlio/amante Attis), nella quale si praticavano forme di iniziazione sanguinolente e cruente (i sacerdoti si castravano). Anche nella religione di Iside, divinità consolatrice e amorevole, si osservava la presenza di un fratello/sposo, Osiride, e del figlio Horus. Se sono evidenti i legami del Cristianesimo nascente con i culti dello stesso periodo, vi è oggi una certa indulgenza, nelle forme di pensiero contemporaneo che amano rimestare un po’ nell’esoterico, nel coltivare la suggestione della relazione fra le Madonne Nere e personaggi chiave del primo cristianesimo, oppure con movimenti eretici del passato, con accadimenti storico-religiosi, con antiche leggende appartenenti a culture diverse. Uno di questi filoni collega le Madonne Nere e la figura di Maria Maddalena.

Un’opera letteraria recente, “Il Codice Da Vinci” di Dan Brown, divenuta best-seller, da cui in seguito è stato tratto un film, ha posto l’attenzione dei suoi numerosi lettori, seppur sotto la forma del romanzo, sul collegamento fra Gesù e Maria Maddalena, cui Pietro avrebbe sottratto la guida della Chiesa. Nella storia di Brown (ma precedentemente anche in un corposo saggio, per niente romanzesco, di Baigent, Leigh e Lincoln – Il Santo Graal: una catena di misteri lunga duemila anni, dall’unione matrimoniale di Gesù con Maria , simbolismo del colore neroMaddalena avrebbero visto la luce i discendenti della stirpe reale Merovingia. Nel romanzo di Brown il corpo di Maria Maddalena, e i relativi documenti di testimonianza, sarebbero stati custoditi dai Templari e in seguito dal Priorato di Sion. Maria Maddalena avrebbe portato con sé il frutto del suo grembo, dalla Palestina fino alle coste di Provenza, fino a Les-Saintes-Maries-de-la Mer, dove al delta del Rodano sarebbe approdata con una barchetta, in compagnia di Maria Salomé, Maria Jacobé e di Sara la Nera.

Del resto la leggenda che collega la località della Camargue con le tre donne è piuttosto antica e nella realtà odierna la devozione che riguarda Sara, patrona dei gitani, cui è dedicata la statua situata di fatto nella cripta della chiesa-fortezza del paese, è assai intensa, tanto da costituire la meta di un intenso pellegrinaggio devozionale da parte dei gitani di tutta Europa.

Se torniamo invece dalla realtà al romanzo di Brown veniamo a sapere che il seme del Re dei Re sarebbe, sempre nella visione dell’autore, divenuto il fondatore della stirpe merovingia: ecco l’ipotetico collegamento con il sang real, con il Santo Graal.

Fu proprio nel periodo merovingio (e qui passiamo nuovamente dalla leggenda alla storia), vale a dire dal 500 al 750 d.C. che risale la costruzione dei santuari francesi dove risedettero le prime Madonne Nere, che in questa versione adombrerebbero la figura della Maddalena.

Un secondo filone ama scandagliare fra i dati archetipici comuni sia alle Madonne Nere sia alla sacre pietre nere della cultura araba, venerate già dalle genti preislamiche, fra le quali la più nota rimane quella della Mecca. In questo baitylos (o pietra eretta) si venerava, in un’astratta forma, lo spirito della dea Al’Lat. La venerazione delle pietre nere, considerate sacre, è una tradizione che appartiene anche all’Europa pre-cristiana: le pietre venivano venerate non già come idoli, ma come punti accentratori e condensatori di energie divine.

Ma perché sono nere?

 

Nel 1937 fu pubblicato uno dei primi studi sulle Madonne Nere: Etudes sur l’origine des Vierges Noires di Marie Durand-Lefèbre, in cui si fa strada un’ipotesi fondamentale, valida ancora oggi, riguardante la continuità delle antiche divinità femminili pagane, antecedenti il cristianesimo, e le Madonne Nere. Il concetto venne in seguito ripreso da Emile Saillens nell’opera Nos Vierges Noires, leur origines, pubblicato nel ’45. E’ infatti provato che al tempo delle Crociate dall’Oriente furono portate molte statue raffiguranti antiche dee pagane, cui fu attribuito lo status di “Madonna”, insieme a un nuovo nome. In particolare furono Artemide, Cibele, e soprattutto Iside le dee resistenti nel tardo paganesimo, a ricevere la nuova attribuzione.

Nel 1972 Jacques Huynen in L’Enigme des Vierges Noires sviluppò soprattutto il suo interesse per gli aspetti esoterici del culto delle Madonne Nere, centrando l’attenzione sul periodo del Medioevo, quando la storia legò alcuni misteri degli alchimisti con i segreti dell’Ordine del Tempio. Appare evidente, fino a qui, dai nomi degli autori e dai titoli delle opere, che è la Francia il luogo in cui soprattutto si sviluppò lo studio sulle Madonne Nere.

Moss e Capannari, autori di un saggio successivo, In Quest of the Black Virgin: She is black because she is black (contenuto in Mother Worship, pubblicato negli Stati Uniti nel 1982), pongono finalmente attenzione anche alle Madonne Nere italiane. E’ dell’85 la prima pubblicazione di Ean Begg (The Cult of the Black Virgin, pubblicato dapprima nel Regno Unito). Nel ’99 esce Schwarze Madonnen di Petra Cronenburg, ora in italiano (Madonne Nere. Il mistero di un culto).

Ma insomma, ci chiediamo, perché queste particolari Madonne sono nere?

La Chiesa Cattolica ha spesso addotto come causa del colore delle Madonne Nere quella del fumo delle candele nelle chiese o una prolungata esposizione agli agenti atmosferici, oppure l’ignoranza stessa degli scultori alle prese con le proprie opere, che avrebbero ipotizzato, del tutto erroneamente, la caratteristica della pelle scura nelle genti di Palestina, terra da cui aveva preso avvio la storia del Cristo e della Madonna sua madre. Quest’ultima ipotesi è pienamente contraddetta dalla conferma della conoscenza storica che gli europei possedevano fin dal ‘600 dell’Oriente, sostenuta dalla familiarità, spesso diretta, che i popoli europei mediterranei avevano con ebrei e saraceni.

E’ altresì da scartare l’ipotesi che siano stati scultori medio-orientali ad aver intagliato le opere, perché è verificato che in Asia e in Africa non si è mai affermata nessuna tradizione di raffigurazione della Madre di Gesù con la pelle scura: al contrario, viene sempre raffigurata con la pelle molto più chiara di quella delle popolazioni locali.

Allora: perché le Madonne sono nere?

Un filone interpretativo suggerisce di ricercare la spiegazione nel collegamento fra le brune statue e le femminili divinità pagane, delle quali queste Madonne avrebbero ereditato sul piano iconografico molti attributi. E il nero, dal punto di vista simbolico, è un colore ricco di molti significati. E’ il colore che assorbe la luce, evoca le profondità, le viscere della terra. Così, sul piano psicologico, rappresenta le parti profonde dell’essere, quelle che, non emerse alla luce, determinano la più profonda realtà della sfera psichica dell’individuo: l’inconscio. Rappresenta altresì le ricchezze del sottosuolo che, peraltro, hanno colore nero, come il carbone o il petrolio.

Nella nostra cultura il nero è il colore del lutto, a rappresentare quella fase dopo la morte, di rigenerazione e trasformazione del corpo, affidato alle forze delle profondità della terra, al mondo ctonio: in questo senso diviene innegabile il suo legame con la morte. Il mondo ctonio era nel mondo antico legato alle divinità femminili, alle “madri”, capaci di generare e rigenerare nell’utero primordiale della terra, è il colore che nell’Antico Egitto e in tutta l’Africa rappresentava e rappresenta la fecondità. Così, nere erano le rappresentazioni delle antiche dee Madri: nere erano Iside, Cibele e talvolta Afrodite.

L’immagine cristiana della Madonna Nera si fonderebbe dunque, secondo questa interpretazione, sul sostrato di un retaggio culturale molto più antico, che unirebbe la figura cristiana ad alcune forme rappresentative di dee “Madri”, così che in esse sarebbe convissuta lungamente la compresenza di caratteristiche delle figure sacre appartenenti a forme religiose diverse, succedutesi l’una dopo le altre.

Che stranezze. Madonne Nere e bizzarrie

 

Quante stranezze nelle Madonne Nere! Piacciono molto a certi laici, tengono impegnati in discussioni anche i protestanti, solleticano e disturbano, a seconda dei casi, le persone dotate di fede.

Una cosa è certa: non lasciano indifferenti. Conosco persone che affermano in tutta franchezza di essere molto infastidite quando si trovano al cospetto di una Madonna Nera. “Magari prego pure”, mi racconta un’amica “ma possibilmente senza guardarla”, l’ho sentita affermare. La persona non sa spiegare la ragione del suo turbamento, ma lo ammette senza reticenze. Non è l’unica che personalmente conosca.

Anche la Chiesa fu spesso imbarazzata da queste rappresentazioni, talvolta di provenienza dubbia, dotate di alcune caratteristiche che le rendono, in più di un caso, grottesche e che sono difficilmente “controllabili”, per molte ragioni. Intanto perché fanno un sacco di miracoli, o li hanno fatti nel passato. Interpretabili come archetipi psicologici, come Jung ci ha mostrato, si uniscono attraverso un lungo filo della storia a un tempo in cui femminino e deità femminili avevano ben diverso valore nell’Antica Europa, prima dell’affermarsi delle grandi religioni monoteiste –ebraismo, cristianesimo, islamismo, portatrici di divinità esclusivamente maschili e responsabili dello spodestamento delle più antiche religioni di traccia femminile.

Strane, queste Madonne Nere che oggi sono in grado di suscitare un senso di spiritualità, condiviso da donne ma anche da uomini di tutto il mondo, di tutte le fedi e le religioni, che sembrano unire in una rete di fratellanza, nella forma di una sorta di sciamanesimo cibernetico, attraverso la rete Internet, persone di tutto il mondo. E a dimostrazione basti visitare i siti e i blog, in molte diverse lingue, riguardanti l’argomento. E’ proprio dalle Rete, ma non solo, che si trae l’immagine della Madonna Nera come simbolo unificante, che interessa sia le correnti spirituali neopagane sia le correnti più sensibili allo spirito mariano interne al cattolicesimo.

Ma le stranezze non finiscono qui. Ci sono madonne nere, o per meglio dire statue di Madonne Nere, che in origine non erano affatto nere, altre che lo divennero grazie a esperte tecniche, quali il marouflage, a alcune – poche – che manifestano tutt’oggi l’oscurità che possedevano all’origine, e sono quelle, se mi si consente il gioco di parole, più chiare di tutte. Mi spiego meglio. Esistettero statue un tempo nere che furono restaurate in modi che oggi fanno inorridire, assumendo colorini da legni acerbi: veri sacrilegi del restauro! Al contrario ci furono casi in cui una bella pittura, favolosamente orientaleggiante, fu applicata a certe statue a fini, per così dire, turistico-religiosi (il marouflage era una tecnica con cui il colore veniva applicato con una mistura di colla). E poi ci sono le Madonne Nere autentiche, che sono per lo più un fenomeno artistico-religioso legato al romanico e al primo gotico. In Occidente iniziarono a essere scolpite attorno al 1050, fino al XIII secolo; la maggior parte delle statue oggi rimaste appartiene al XII secolo.

Un’altra stravaganza? Siedono, in trono, per lo più lungo le strade che percorrevano i pellegrini diretti a Compostela. E siedono, nelle loro cripte, in trono, come si addice alle Regine.

Tengono in grembo il loro piccolo che – altra stranezza! – è sempre rappresentato in dimensioni molto ridotte, ad accrescere il potere della madre. E poi, come ulteriore bizzarria, qualche volta il figlio non è un bambino, ma un uomo in miniatura, un ometto.

Ma osservate le mani delle Madonne Nere: sono enormi, con dita molto allungate, e la Madre le tiene distanti dal bambino. La mano è gigantesca, distesa e imposta, nell’atteggiamento atto a trasmettere energia, come si compete a una maestà femminile creatrice, che può trasmettere magicamente le proprie forze.

Altra stravaganza? Gli abiti. Spesso preziosi, tempestati di gemme, ricchi di somiglianze con l’arte egizia. Sono vestite di rosso e di verde, ben diversamente dalla Madonna “bianca” che porta il famoso azzurro manto mariano. In alcuni abiti permangono tracce di oro. Hanno lo sguardo che fissa un punto molto lontano: si suppone fosse un punto preciso nelle cripte nelle quali sempre, originariamente, erano collocate (spesso sono situate nelle cripte ancora oggi, ma talvolta sono state spostate dal posto originario).

E tuttavia non vi si riconoscono simboli cristiani.

La sopravvivenza delle statue originarie si è rivelata, nel corso della storia, piuttosto difficoltosa, a causa di restauri selvaggi, furti, enigmi di sparizioni, sostituzioni con copie, violenze (soprattutto in Francia, ad opera degli ugonotti e dei rivoluzionari), logoramenti, incuria, eccessiva prudenza (o diffidenza?) della Chiesa, vicissitudini di vario genere. Ciò malgrado oggi troviamo Madonne Nere – quasi cinquecento, quasi tutte statue e pochi dipinti – in Algeria, Austria, Belgio, Brasile, Canada, Costa Rica, Cuba, Ecuador, Egitto, Filippine, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Inghilterra, Irlanda, Italia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Messico, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Romania, Russia, Scozia, Spagna, Svizzera, Stati Uniti, Turchia, Ungheria.

La Madonna Nera d’Oropa

 

Risale ad alcuni anni orsono la ricerca che contava il numero delle statue di Madonne Nere in Piemonte, riferendo ben 61 presenze. E sebbene la terra più ricca di questi reperti rimanga la Francia, non si tratta certo di un numero esiguo, il quale fa parte di un ben nutrito catalogo di Vergini brune sparse in tutta la nostra penisola.

Una leggenda accompagna la storia della Madonna del Santuario d’Oropa. Si narra che Sant’Eusebio, di ritorno dalla Terra Santa, avrebbe portato con sé due sculture della Vergine eseguite dall’evangelista Luca. Avrebbe lasciato una statua a Oropa e l’altra a Crea. Il Santuario della Madonna di Oropa sorge vicino a Biella, a poco più di mille metri di altitudine. E’ un santuario mariano situato in un’area interessante di per sé dal punto di vista geologico, su di una conca che si è formata dalla lingua di un ghiacciaio, ritiratasi in seguito alla fine dell’era glaciale, circondata da montagne. Il santuario comprende un sacro monte (il Sacro Monte di Oropa), dichiarato nel 2003 patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO.

Il complesso è articolato su tre piazzali a terrazza ed è imperniato su due grandi luoghi di culto: la basilica Antica, realizzata all’inizio del XVII secolo, e la Chiesa Nuova. Completano la struttura monumentali edifici, chiostri e la solenne scalinata che conduce alla porta regia. La Statua della Madonna Nera misura m. 1,32 di altezza ed è in legno di cirmolo (pianta resinosa).

  Sebbene la tradizione agiografica, riguardante Sant’Eusebio, non goda di alcuna documentazione che la provi, sappiamo che Eusebio diffuse il Cristianesimo e la devozione mariana nelle valli biellesi. La statua gotica della Madonna Nera che si venera nel santuario risale alla prima metà del Trecento: le sono attribuiti numerosi miracoli.

 La Madonna Nera di Oropa, contrariamente a quanto si riscontra nella Vergini nere del periodo romanico (raffigurate sedute in trono a simboleggiare la Sedes Sapientiae, secondo l’interpretazione cristiana), viene presentata in piedi con il Bambino seduto sul braccio sinistro, a sua volta benedicente (con la mano destra) e con l’uccellino (simbolo della Passione), nella mano sinistra. Stilisticamente questa statua sembra appartenere all’area aostana e la sua fattura data attorno al 1295.

La Vergine porta nella mano destra, si potrebbe dire sulla punta delle dita allungate e raccolte, una melagrana, frutto caro alle dee madri, che rappresenta l’energia della fertilità e della vita. Ricco al suo interno di numerosissimi semi, la melagrana infatti rappresenta la fecondità, l’abbondanza e l’opportunità di assicurare la generazione. La Madonna Nera di Oropa, in accordo con il senso della melagrana, sembra essere visibilmente incinta.

Nell’anno in corso si è svolto il 60° anniversario della Peregrinatio Mariae, vale a dire il ‘viaggio’, durato mesi, della statua originale fuori dal santuario che la ospita abitualmente, fra la gente, avvenuta nel 1949: oggi, in occasione di questo anniversario, è stato raccolto in un volume un vasto materiale fotografico di memorie della Madonna Pellegrina, che costituisce una preziosa documentazione del culto della Vergine Bruna. Poiché i protagonisti della storica Peregrinatio, sessanta anni fa, furono i biellesi, il volume che oggi Oropa ci consegna è un documento storico davvero interessante. Così possiamo vedere immagini in cui faticosamente la Madonna Pellegrina viene spostata su strade sterrate, in mezzo a pantani mal percorribili, seguita da fiumane di uomini, donne e bambini, dove visi, portamenti, acconciature, abiti, accessori, sguardi e…veicoli denotano l’appartenenza ad altri tempi.

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