IMPARARE AD IMPARARE
(Servizio pubblicato su InOgniDove, n. 3 del 2013)
L’ottimismo del Metodo Feuerstein
Mediazione cognitiva e mediazione culturale si incontrano nella scuola. Intervista agli insegnanti
L’ottimismo del Metodo Feuerstein
C’è una fondamentale fiduciosa condizione di ottimismo alla base del Metodo Feuerstein: quella che ciascun individuo sia modificabile e migliorabile a livello intellettivo. La convinzione è innanzi tutto umana, ma Feuerstein ha fornito la dimostrazione teorica di quest’assioma e ha tracciato la strada perché coloro che si occupano di educazione possano operare in modo scientifico nel loro lavoro.
L’idea è apparentemente semplice: l’intelligenza è un’abilità addestrabile, modificabile, migliorabile; quando ci si trova di fronte a danni dell’intelligenza, causati da fattori genetici o ambientali, si può intervenire per recuperare delle carenze e ri-mediare nel processo di sviluppo dell’individuo. L’intelligenza, dunque, non è un pacchetto prefissato che ci cucchiamo così com’è da mamma e babbo, inoltre nel caso disgraziato in cui una parte del contenuto del pacchetto per varie ragioni sia andato deteriorato è possibile recuperare.
L’idea, apparentemente così semplice, viene un uomo che oggi ha 91anni (è nato nel 1921 in Romania da famiglia di rabbini), è tuttora pedagogista e psicologo attivo e infaticabile. Egli è, a mio parere, il più grande pedagogista vivente.
È passato nel corso della sua esistenza e della sua storia personale attraverso le guerre, l’internamento nel campo di concentramento, la tubercolosi: le difficoltà non l’hanno mai piegato. Quando nel 1944 la Romania fu occupata Reuven Feuerstein, che in quel periodo insegnava a Bucarest in una scuola per figli dei deportati, fu internato in un campo di concentramento. Riuscito in maniera fortunosa a fuggire, si trasferì in Israele. Ha sempre insegnato: in un’ intervista raccontava tempo fa di aver iniziato a otto anni a insegnare ad un ragazzo di 15, spinto dalla preghiera di suo padre. Al quindicenne, irrecuperabile zoticone nessuno era mai riuscito a insegnare a leggere e scrivere, suo padre pregò Rueven di riuscirci: prossimo alla morte nessuno avrebbe potuto leggere per lui la preghiera funebre, affidata ai figli nei riti di religione ebraica. Reuven riuscì a rispondere alla richiesta. Si occupò di adolescenti sopravvissuti alle persecuzioni razziali, di orfani, insegnò ai bambini che arrivavano dai campi di sterminio: qualcuno di loro si era letteralmente fatto strada uscendo da una montagna di cadaveri ammonticchiati sopra di lui. Si potevano recuperare situazioni come questa, dove la sofferenza umana, fisica e psichica, avevano raggiunto proporzioni catastrofiche, minando anche le capacità dell’intelletto? Molti erano tentati di pensare negativamente. Ma Feuerstein non disperò. Dentro di lui non venne mai meno la convinzione che almeno in parte ci fosse sempre possibilità di risanamento per un trauma. La logica suggerisce che nell’apprendimento il risultato dipenda dalla condizione di partenza: compromessa tale situazione tutto farebbe pensare ad un successivo esito poco ottimistico. Ma Feuerstein ha dimostrato che il livello iniziale non costituisce un ostacolo insormontabile nel percorso verso la modificabilità. La sua convinzione, mattone dopo mattone, divenne teoria: la Teoria della Modificabilità Cognitiva.
Essa analizza la possibilità di cambiare strutturalmente i processi di pensiero degli individui, cambiando il modo con cui essi si accostano alla conoscenza. I neuroni del cervello umano, infatti, possono potenziare la loro rete di connessioni, incrementando quantità e qualità degli apprendimenti realizzabili.
Già, ma come fare? Qui interviene l’importanza del Metodo. L’esperienza di apprendimento, infatti, ha luogo, per mezzo del Metodo Feuerstein, in modo mediato, vale a dire attraverso la presenza e il supporto di un mediatore che, anziché esporre in modo diretto l’allievo agli stimoli, opera intenzionalmente, selezionando e organizzando gli stimoli stessi. Inoltra il Mediatore opera in maniera che l’esperienza attuata dall’allievo sia utilizzabile in altri contesti, attraverso un processo di generalizzazione. Il Mediatore ha il compito di creare le condizioni psicologiche e cognitive migliori per l’apprendimento e di dissolvere gradualmente i blocchi di chi deve imparare. Il blocchi sono stati messi in atto da paure, fallimenti, delusioni, sofferenze, hanno scatenato cattive abitudini cognitive: il mediatore interviene per sostituirle con altre, buone. Sebbene non sia proprio semplice come cambiare una lampadina, il Metodo Feuerstein fornisce al Mediatore gli strumenti per farlo e passa all’allievo paradigmi cognitivi che gli serviranno per affrontare situazioni via via più complesse e diverranno suo patrimonio metodologico e strumentale personale.
L’obiettivo del Mediatore non è mai il puro accrescimento delle conoscenze nozionistiche di un allievo, bensì lo sviluppo delle capacità, degli strumenti conoscitivi, i quali si possono solidificare in lui in buone abitudini cognitive, spendibili in contesti diversi, nell’approccio con diverse soluzioni problematiche.
Il Metodo Feuerstein, di cui sono accesa sostenitrice nel mondo scolastico, ha trovato numerosi campi di applicazione negli ultimi anni. È utilissimo per espandere le capacità intellettive a qualunque livello, perché ciascuno di noi, a qualunque età, mostra predilezione o antipatia per particolari forme di ragionamento: il Metodo spinge a frequentarle tutte, aprendo la mente. Un nodo fondamentale è il passaggio attraverso a verbalizzazione, la quale plasma il pensiero, influendo fortemente sulla qualità del pensiero stesso della persona.
È passata attraverso i benefici del Metodo buona parte della formazione di dirigenti e quadri di azienda, nonché la fascia degli anziani. Non è un mistero che l’età avanzata sia comunemente percepita, nell’opinione diffusa, come un blocco alla modificabilità cognitiva, se ne attribuisce la causa al fatto che la maturazione del sistema nervoso è in fase conclusiva; gli anziani stessi sono molto critici nei confronti della propria memoria, affermano comunemente che sia per loro più difficile imparare di quando erano giovani. Al di là del fatto che l’età possa essere percepita nell’opinione comune come un impedimento all’evoluzione cognitiva, Feuerstein ha dimostrato che l’età non è un deterrente all’apprendimento: il suo Metodo è assai utile per lo sviluppo negli anziani delle funzioni comunicative e cognitive, e che essi sono in grado di migliorare rispetto alla loro storia personale quando una mediazione idonea, arricchente dal punto di vista relazionale e intessuta con l’influenza del loro vissuto. Del resto chi potrebbe non essere d’accordo oggi sulla necessità di un’educazione permanente? L’apprendimento deve essere una costante della nostra vita, dobbiamo costantemente prepararci ad essere flessibili per affrontare novità.
I dinosauri sono da tempo definitivamente scomparsi, anche nel campo del sapere.
Mediazione cognitiva e mediazione culturale s’incontrano nella scuola.
Intervista alle insegnanti
Nonostante le numerose espansioni il terreno naturale di applicazione dei Metodi cognitivi resta la scuola, luogo designato nella nostra società per la trasmissione culturale. Intervistiamo due insegnanti, entrambe Mediatrici Feuerstein, Rossana Alessandria e Pina Longobardi, che nell’ambito della scuola primaria (elementare) si sono trovata ad affrontare, negli anni più recenti, molte difficoltà in ambito educativo. Insegnano in una zona calda della città, che raccoglie un bacino di utenza attorno a Porta Palazzo, il più grande mercato d’Europa e nello stesso tempo il fulcro dell’immigrazione in città. Definire pluralistica la situazione educativa in cui operano non rende del tutto giustizia ai numeri: le classi dell’istituto in cui insegnano sono formate talvolta da totalità o quasi totalità di allievi stranieri, alcuni dei quali non conoscono per niente o pochissimo la nostra lingua. Capita che qualcuno più grande non sia mai stato scolarizzato nel paese da cui proviene.
Volete descriverci la situazione, Pina e Rossana?
Vista dall’esterno, la situazione dell’I.C. Regio Parco può sembrare difficile, affatto. La nostra scuola è un ambiente complesso e molto stimolante, soprattutto per noi insegnanti. Oltre ad alunni che presentano inadeguatezza di strumenti cognitivi e modalità operative o non adeguate esperienze di crescita e di apprendimento all’interno della famiglia o della cultura d’origine, i plessi possono vantare numerose eccellenze.
È ovvio che in una situazione del genere gli insegnanti abbiano dovuto rivedere alcune delle certezze sulle quali fondavano in precedenza i propri metodi d’insegnamento. Una bella lezione di flessibilità per voi. Immagino abbiate dovuto esplorare molte possibilità per trovare la strada migliore. Volete dirci perché il Metodo Feuerstein vi è sembrato il più adatto per giungere a buona integrazione dei gruppi di allievi e ad attivare nello stesso tempo le risorse dei singoli allievi?
Pina: durante i miei anni di precariato, il mio lavoro tra i banchi di scuola è sempre stato sostenuto da una grande dose di entusiasmo, che per tanto grande fosse, non era sufficiente a capire i problemi di apprendimento. I corsi di formazione, i testi di pedagogia e didattica mi hanno sempre lasciato interrogativi aperti finché, nove anni fa, sono approdata al metodo Feuerstein.
Rossana: mi sono avvicinata alla metodologia Feuerstein 6 anni fa grazie anche a Pina che era già formata e ad alcune giornate di sensibilizzazione al Programma di Arricchimento Strumentale presentate nella nostra scuola.
Sono stati i presupposti da cui parte Feuerstein:
la fiducia nella modificabilità cognitiva strutturale degli esseri umani. cioè il concetto che l’intelligenza può essere modificata e che si possono insegnare i processi intellettivi necessari a svilupparla, l’importanza che attribuisce alla mediazione nell’apprendimento e la visione ottimistica del processo insegnamento/apprendimento a spingermi a iscrivermi ai corsi di formazione che sono stati organizzati nel nostro istituto negli anni successivi.
Attualmente nell’IC Regio Parco ci sono più di 40 insegnanti formati alla metodologia Feuerstein che la sperimentano nei plessi di scuola dell’Infanzia, di scuola primaria e scuola secondaria di 1^ grado.
Pina ed io facciamo parte di ARRCA NOVA onlus (Associazione Ricerca Ristrutturabilità Cognitiva Apprendimento) che si occupa di sperimentazione e formazione continua.
Sicuramente abbiamo modificato le pratiche e il nostro stile di lavoro, ovvero,imparato a far ricorso a più modalità comunicative, a riconoscere e a rispettare i differenti stili cognitivi, con Feuerstein, appreso a “leggere” il processo mentale, a proporre costantemente attività metacognitive, a snellire i programmi senza abolirne la qualità.
La lezione di flessibilità ha avuto bisogno di Coraggio prima di tutto, per poter sfociare spesso nella capacità di ridimensionare e riorientare in itinere, non solo il lavoro programmato ma anche le situazioni di classe in continua mobilità e cambiamento dovuti all’accoglienza o ai trasferimenti in corso d’anno scolastico che nel nostro Istituto Comprensivo si verificano più che in altre scuole
Il metodo Feuestein è sicuramente il più adatto perché propone una batteria di strumenti, strutturata in modo molto particolare (Programma di Arricchimento Strumentale) nei quali i contenuti sono lontani da qualunque disciplina e non assomigliano affatto ai compiti scolastici; non si basano sui Contenuti, con successiva valutazione dei prodotti, ma sui Processi mentali da attivare . L’utilizzo di tali strumenti da parte del docente mediatore consiste nel selezione determinati stimoli e nell’esercitare i processi mentali, attraverso compiti che non indicano cosa sa o non sa fare un alunno ma cosa potrebbe fare, qual è il suo potenziale, il perché delle sue capacità inespresse.
Inoltre il PAS offre grandi vantaggi: può essere proposto a chiunque, anche a chi non sa leggere perché non richiede particolari competenze, né conoscenze pregresse; proprio perché non riconducibile alle materie tradizionali, non causa ansia da prestazione o reazioni di rifiuto, atteggiamento normale tra le “vittime” di insuccessi scolastici; le risposte degli alunni possono essere di tipo grafico, verbale, gestuale, mimico,etc.
Feuerstein propone una visione plastica dell’intelligenza, che nella sua concezione non è fissa, non è immutabile e non è misurabile. Per contro l’intelligenza è educabile. In una società complessa quale quella in cui vi trovate ad operare se non si attivaun approccio alla situazione in cui per davvero si cerchino soluzioni, si creda veramente con fiducia nello sviluppo dei giovani, si può essere sopraffatti dalle difficoltà. Quali sono a vostro parere gli aspetti più importanti da Feuerstein suggeriti, da mettere in atto nel rapporto con gli allievi?
La Teoria della “Modificabilità Cognitiva Strutturale ”nasce più di 50 anni fa grazie ad una forte convinzione, una grande intuizione da parte del suo creatore, ma sono solo 10 anni che le neuroscienze ne confermano la fondatezza e questo ci sembra già un bell’esempio di uno dei criteri di mediazione, quello della mediazione della scelta di un’alternativa ottimistica.
Impossibile qui citare tutti i criteri che un insegnante/mediatore utilizza nel suo lavoro quotidiano ma la centralità della Teoria della Mediazione è basata sul criterio della trasmissione culturale che passa attraverso l’ Intenzionalità, la Reciprocità, il Significato e la Trascendenza.
Il protagonista è il soggetto che apprende, non l’insegnante, il clima nel quale viene a vivere le sue esperienze deve farlo stare bene con se stesso e con gli altri. Vanno incoraggiati, da un lato il sentimento di appartenenza, dall’altro si deve instillare una buona dose di autostima per creare “la convinzione di potercela fare”. Ciò che ognuno di noi pensa di se stesso è probabilmente la diretta causa del successo o del fallimento negli apprendimenti, del trovare o meno soluzioni ai problemi che la vita ci presenta. Mediazioni come quella del Senso di Competenza o del Sentimento di Sfida sono fondamentali se si spera di accrescere la motivazione ad apprendere, ad aprire la strada al cambiamento.