Articolo letto dall’autrice:
«Scusi, lei che mestiere fa?»
«Sono casalinga». «E io levatrice… io mascherina, io sartina, io bustaia…»
« E lei signore?»
«Io mondino… io ricamatore… io lavandaio».
Suona strano al maschile, vero?
Dev’essere perché si tratta di mestieri, alcuni dei quali praticamente scomparsi, che tradizionalmente erano assegnati alle donne, quasi sempre soltanto alle donne. Infatti erano mestieri umili. D’altra parte anche marescialla, o appuntata, o muratora ci sembrano strani. La sacerdota ancora più strano, vero? Strano, ma giusto. Molliamola di dire donna avvocato oppure appuntato Maria Rossi. Ma andiamo per ordine.
Cominciamo dall’agrimensore, così, tanto per simpatia con l’autore che inventò il personaggio. Che cosa avrebbe fatto Kafka se il suo protagonista, semplicemente chiamato K., fosse stato una donna? Beh, forse innanzi tutto il personaggio principale di Il Castello non si sarebbe impastoiato in una situazione assurda, e con senso pratico avrebbe risolto, uscendo da un labirinto alienante. Certo, avremmo perduto un capolavoro…
Ma come l’avrebbe denominato il suo ruolo l’Autore? Non lo sappiamo. Però sappiamo che cosa dobbiamo fare oggi. Così avremo un’agrimensora. Infatti nella nostra lingua i sostantivi in -sore hanno una consolidata trasformazione nella desinenza femminile -sora. Consoliamoci, una volta tanto possiamo rinunciare ad avvitarci in complicazioni, e accettare di buon grado che oggi possano esistere signore assessore di eccellente valore; e che accanto a imprenditori vivano valide imprenditrici, arredatrici di gusto e, perché no, solerti massaggiatrici.
Quando l’uso della lingua ha già consolidato la versione di genere femminile di un nome di desinenza maschile -ore in -oressa, come dottoressa, accettiamola. Non mettiamoci a fare le battaglie contro i mulini a vento, anche se qualche tentativo controcorrente io lo farei. Ma se si tratta di un sostantivo che si affaccia alla desinenza femminile solo di recente, teniamo a mente che la desinenza -ora è da preferirsi.