(L’articolo è stato pubblicato sul numero 10/2014 della rivista InOgniDove – Piemonte (www.inognidovepiemonte.it)
I cacciatori hanno di che dirsi soddisfatti; coloro che sono contro la caccia molto meno. Vediamo cosa succederà prossimamente per quanto riguarda la caccia in Piemonte.
Dal 28 settembre al 30 ottobre caccia aperta a quaglia, tortora; dal 28 settembre al 19 gennaio si cacciano invece germano reale, gallinella d’acqua, alzavola, folaga, fischione; dal 1° ottobre al 31 dicembre beccaccia, beccaccino, allodola. Dal 1° ottobre al 31 gennaio colombaccio, cornacchia nera, cornacchia grigia, gazza, ghiandaia; dal 1° ottobre al 10 gennaio tordo bottaccio, tordo sassello, cesena; dal 28 settembre al 31 gennaio la volpe; dal 1° ottobre al 30 novembre, in base a piani numerici di prelievo pernice bianca, fagiano di monte, coturnice, lepre bianca. Il cinghiale si caccia dal 28 settembre al 28 dicembre o dal 1° novembre al 31 gennaio, anche in forma non selettiva.
Se siete contrari alla caccia ma siete proprietari di un fondo fino a poco tempo fa potevate solo mettervi il cuore in pace: ritirarvi in casa e assistere impotenti alla presenza di fucili, cartucce o pallettoni sui vostri terreni.
Io ho provato una volta a farmi avanti per discutere con i cacciatori e ho rischiato di essere trattata come un cinghiale. Mi hanno hanno chiesto se ero pazza, ma si sa, le donne… che importava se io fossi o non fossi la proprietaria di quei terreni, o che avessi offerto ospitalmente un caffè, per loro ero solo l’ennesima conferma della ridicolaggine e della stoltezza del mondo femminile.
Dunque non mi sento di consigliarvi di prendere la cosa per così dire di petto: rischiate di farvelo forare. Esiste infatti una legislazione nazionale che spiega a chiare lettere come non si possa impedire a un cacciatore l’accesso al proprio fondo, se non a costo di considerevoli manovre. La caccia, infatti, di norma non viene vista dal legislatore come una ingerenza sproporzionata di terzi nella propria sfera privata.
Se la caccia continua a esistere è perché continua nel tempo l’idea che essa possa essere di qualche utilità: la caccia dunque, secondo questa idea, soddisferebbe un generico bisogno (si suppone assai diffuso) di tutelare le coltivazioni dai danni provocati dalla fauna selvatica. Che uno condivida o non condivida questo pensiero, non importa: l’idea di fatto vincente ancora oggi, secondo la la legge, è che essa sia utile. Per tutti, anche per chi non la ritiene tale. In realtà la legge che vige in Italia sulla caccia è tuttora figlia dell’ideologia fascista, la quale incoraggiava lo spirito bellico e l’uso delle armi da parte del maschio fascista, supposto potente, soprattutto se con un’arma in mano.
Ma nell’anno 2012 è accaduto qualcosa alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) in materia di caccia e proprietà privata: si tratta di un pronunciamento molto importante. È stata pronunciata una sentenza CEDU dalla Grande Camera, il 26 giugno 2012, in merito alla causa “Hermann versus Germania”, che ha introdotto una sorta di diritto all’obiezione di coscienza venatoria in favore del proprietario dei terreni che non intenda consentirvi l’esercizio della caccia.
In base a questa sentenza il proprietario di un fondo rustico non è obbligato a tollerare che altri vi pratichino la caccia, se ciò è in contrasto con le proprie convinzioni personali e morali.
Sappiamo che la vita dei proprietari che desiderano impedire la caccia nei loro fondi è dura. Vogliamo però dire ai volonterosi che si oppongono alla caccia sui propri terreni, che questa sentenza esigerà necessariamente anche nel nostro paese qualche riguardo in più, in favore della garanzia a difendersi da invasioni di terzi nel proprio terreno e alla libertà di gestire un territorio personale secondo principi contrari alla cattura e all’uccisione degli animali selvatici. La lotta, tuttavia, sarà ancora sempre la stessa: recinzione dei fondi con reti o muretti, cartelli con tabellazione visibile lungo il perimetro di divieto caccia, innumerevoli domande e lettere di comunicazione alla Regione e alle altre amministrazioni pubbliche eventualmente competenti, secondo normativa regionale, per chiedere l’esclusione dei propri terreni dalla gestione programmata della caccia.
Agli audaci auguriamo la miglior fortuna!