Liberiamo il Piemonte

Ricordate la sentenza Minotauro? L’inchiesta Minotauro, sfociata nel 2011 in circa 140 arresti, riguarda la presenza, nel territorio torinese e piemontese, di dieci articolazioni della ‘ndrangheta,in contatto con le famiglie calabresi, chiamate locali.
Risultato del processo di primo grado che ha svelato lo sporco gioco della ‘ndrangheta in Piemonte: 75 gli imputati, 36 i condannati. Le indagini hanno fatto emergere dal silenzio l’impero malavitoso di stampo calabrese nel territorio piemontese, con la speculazione attorno all’edilizia, gli interessi nel traffico di stupefacenti, il giro di ricatti ed estorsioni, le porcherie del gioco d’azzardo. Sono stati sequestrati milioni di euro di beni tra terreni, case e altri immobili.
Il primo comune a saltare (per mafia) nel ’95 fu quello di Bardonecchia; nel 2012 fu la volta di Leynì e Rivarolo.
Cinquanta condanne sono state confermate dalla IV sezione penale della corte d’Appello di Torino ad altrettanti imputati al processo d’appello denominato Minotauro che si è svolto con rito abbreviato. La corte d’appello ha pronunciato condanne per oltre 210 anni di reclusione. Per un paio di imputati ha disposto la trasmissione delle carte alla procura di Reggio Calabria.
“La ‘ndrangheta” – si legge nelle 519 pagine di motivazioni scritte dai giudici di Torino negli atti del processo Minotauro (37 condanne) – “non può più ritenersi solo un insieme di locali o cosche, ma deve essere considerata struttura unitaria di cui queste sono articolazioni territoriali. Le acquisizioni processuali documentano una evoluzione in senso verticistico e unitario della ‘ndrangheta che, pur nella persistente autonomia territoriale, concilia il centralismo delle regole organizzative e dei rituali con il decentramento operativo. Siffatta trasformazione nella continuità” continuano i giudici “dimostra che l’associazione si è adeguata al mutato contesto sociale, anche in relazione ai territori di espansione, riuscendo a coniugare il rispetto delle ataviche tradizioni e regole con le nuove realtà economico finanziarie”.
Parole estremamente preoccupanti, che spiegano a chiare lettere come non solo sia emersa la presenza sul territorio piemontese di una struttura criminale di stampo mafioso, ma come nel nostro territorio siano state importate modalità criminali, che operano secondo rituali, linguaggi e tradizioni provenienti in modo diretto dalla cultura mafiosa della ‘ndrangheta calabrese e che sono divenute parte integrante del territorio
Parallelamente l’Operazione chiamata Albachiara nel 2011 ha portato portato all’arresto di diciannove persone nelle province di Alessandria, Asti e Cuneo, accusate di associazione alla ‘ndrangheta.
Sono stati avviati a poco più di un anno dall’operazione Minotauro i provvedimenti per sequestrare 108 immobili appartenenti a 38 degli imputati per associazione a delinquere. Case e terreni sono dislocati in Piemonte (nella provincia di Torino e di Vercelli) e in Calabria (nella provincia di Reggio Calabria, Crotone e Vibo Valentia). Il sequestro, effettuato dal corpo delle Fiamme Gialle, coordinate dal gruppo Riciclaggio della Procura torinese, garantirà il pagamento delle spese, già sostenute e ancora da sostenere, di tutte le fasi del procedimento: dalle intercettazioni telefoniche e le indagini tecniche della Procura di Torino, proseguite per quattro anni, alle spese di detenzione in carcere.
La città di Cuorgnè, posta in Canavese, è nominata molte volte negli atti del processo Minotauro: era il regno incontrastato del boss della ‘ndrangheta Bruno Iaria, condannato con rito abbreviato a 13 anni e 6 mesi di detenzione. A breve, forse entro la fine dell’anno, la casa del boss diventerà un rifugio per i senzatetto. Apertura prevista entro la fine dell’anno. L’Agenzia nazionale per l’amministrazione dei beni confiscati alla mafia ha approvato il progetto dell’associazione «Libera» di don Ciotti per trasformare la villa in località Cascinette (300 metri quadrati per almeno 300 mila euro di valore) in una struttura dedicata al social housing.
In tutto il Piemonte ci sono una quarantina di punti territoriali, di presidi, ai quali ci si può rivolgere se si desideri fare lavoro di collaborazione e volontariato con Libera Piemonte. Li si trova al link http://liberapiemonte.it/coordinamentiepresidi)
Sul sito di Libera si può consultare il Geoblog, strumento di divulgazione delle informazioni relative ai beni confiscati in Piemonte.: è una mappatura dei beni, ma non solo. La mappa interattiva (consultabile in http://liberapiemonte.it/geobeni) non consente solo di individuare i luoghi da dove la criminalità organizzata è stata stanata, e dove sono stati sequestrati beni e aziende: dei beni confiscati viene anche narrata la storia, a partire dalle motivazioni che hanno condotto al sequestro, alla confisca. Attenzione viene data ai progetti pensati e realizzati per la riutilizzazione dei beni.
I beni confiscati in regione sono 141 e il percorso per arrivare al riutilizzo è uno degli impegni storici di Libera, dalla raccolta firme del 1995 che portò alla stesura della legge 7 marzo 1996, n. 109 sul riutilizzo sociale dei beni confiscati alla criminalità organizzata di stampo mafioso.

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