Eterna sì ma di cartone di Letizia Gariglio, articolo tratto dal mensile on line “Parole in rete”
Non tutte le bufale storiche di nutrono di parole, ci furono anche quelle, per così dire, scenografiche. Però le parole ce le mise Trilussa. Qualcuno le ricorda? «Povera Roma mia de travertino!/ rifatta tutta de cartone / aspetta l’Imbianchino suo prossimo padrone ».
L’Imbianchino era proprio Hitler, che visitò Roma nel 1938. Doveva essere accolto con clamori di folla, in un ambiente degno di ricevere il capo di stato alleato. Ma Roma non possedeva una stazione decente, e lungo la linea ferroviaria, al margine della città, si allungavano le squallide bidonville, fatte di lamiere e stracci, dove si accalcavano i poveracci. Che fare? L’idea geniale fu costruire una finta stazione, degna della Capitale.
Alla metà degli Anni Trenta in aperta campagna esisteva una fermata tecnica per i treni, nient’altro. Lì si decise che sarebbe sceso il capo della Germania. In pochissimo tempo fu allestita una grandiosa scenografia con un portico d’onore lungo centodieci metri e profondo quattordici metri; si presentava inoltre un passaggio coperto per carrozze e automobili. Mentre il treno arrivava, e trecento locomotive suonavano la sirena contemporaneamente, il dittatore tedesco poté ammirare meravigliose facciate di palazzi (dietro le quali, ben occultate si nascondevano le baraccopoli); infine il treno giunse a Roma Ostiense: stazione inesistente fino a pochi giorni prima, anzi, come nelle migliori tradizioni del teatro, fino a poche ore prima.
Come era potuto accadere quel miracolo? Grazie ad una struttura complessa di tubi Innocenti, che portava la scenografia ideata da Narducci, realizzata in legno e cartone. Hitler giunse alla stazione Ostiense che era sera e, forse grazie anche al favore del buio, rimase impressionato da tutto quel marmo, così ben disegnato e dipinto, da dare l’illusione di essere reale.
Per confermare quel successo in seguito la stazione fu costruita esattamente su quel modello.
(settembre 2018)