(articolo pubblicato nel settembre 2021 su Parole in rete)
Ancora una volta torno a 1984 di George Orwell. Perdonatemi, ma non riesco a fare a meno di vedere tante somiglianze con aspetti delle odierne situazioni.
«La guerra è pace; la libertà è schiavitù; l’ignoranza è forza»: sono le parole leggibili sulla facciata del palazzo alto trecento metri che nel libro di Orwell ospita il Ministero della Verità, o Miniver, il cui compito è creare menzogne, che insieme con gli altri tre ministeri, Minipax, ministero per la Pace, che però si occupa della guerra, Miniabb , ministero dell’Abbondanza , in realtà responsabile della penuria dei beni, e Miniamor, ministero dell’Amore, il cui compito è praticare la tortura, compongono l’apparato completo del partito dittatoriale. Compito del Partito al potere è attuare con un’attenta e esaurientissima opera di falsificazione, la rimozione degli eventi accaduti, delle fonti e delle testimonianze indesiderabili, contrari ai dettami del partito, cui tutti, invece, si devono uniformare. La progressiva riduzione del linguaggio facilita la riduzione del pensiero, pertanto la neolingua voluta dal regime ha lo scopo di eliminare parole che possano esprimere concetti: «Lo scopo principale a cui tende la neolingua è quello di restringere al massimo la sfera d’azione del pensiero….Alla fine non ci saranno parole con cui esprimere». Dunque: la riduzione progressiva, lo spegnimento della coscienza si realizza con la contrazione linguistica. Come non pensare ad alcuni deliranti programmi televisivi, dove in luogo di idee, pensieri e parole si ostentano deliberatamente muscoli, culi e tutte, e in cui la comunicazione dei partecipanti si realizza con una serie di mugugni e varie emissioni gutturali, possibilmente conditi con un accento dialettale scelto fra quelli che sanno parlare alla pancia: alta qualità linguistica per un pubblico esigente!
Nella dittatura orwelliana l’informazione, compresa quella storica, viene costantemente falsificata: «Chi controlla il passato controlla il futuro»: privi di memoria storica i cittadini credono a ciò che viene proposto, con un controllo totale da parte del potere.
Lo stravolgimento dei fatti, anche relativamente al presente, ci appare in Orwell tremendamente spudorato, a cominciare dal nome dei ministeri stessi. Ma è tanto diversa la nostra realtà? I gruppi elitari che conducono i giochi odierni ammantano di romanticismo alcuni concetti, rendendoli linguisticamente benevoli e positivi. Perché, ad esempio, dovremmo temere un Nuovo Ordine Mondiale? Ordine è pur sempre una bella parola, che conduce lontano dal caos. Così molti non si soffermano a chiedersi di più, accettando una prospettiva che nella realtà di realizzerà ( si sta realizzando) con un grande reset finanziario, fondato sulla diminuzione dei popoli, su raffinate forme di controllo, sempre più efficienti, dei cittadini: grazie ad esso le risorse economiche e finanziarie si accentreranno sempre di più presso un numero ristrettissimo di ricchi, sul progressivo prosciugamento delle libertà democratiche e dei diritti civili. Intanto i popoli perderanno sempre di più le loro identità nazionali, insieme ai gruppi etnici che perderanno sempre più le loro caratteristiche culturali e religiose. «Una sovranità sovranazionale esercitata da una elite intellettuale e da banchieri mondiali è senza dubbio da preferirsi senza esitazioni alla tradizionale autodeterminazione delle nazioni», diceva Rockefeller a Baden Baden già nel 1991.
A ben guardare io non intravedo grandi differenze fra il ruolo servile e totalmente omologato dei nostri mainstream di oggi dal lavoro del Miniver. La realtà, come l’immaginazione del grande scrittore, lavora per imporre un pensiero unico, per mezzo di servizi e video farlocchi, mentre agli uomini di cultura è riservata una sprezzante censura, in grado di delegittimare persino il valore di grandi figure, il cui unico reato è quello di esprimersi in modo diverso dal pensiero unico che si vuole imporre.
Non pensate che nel nostro paese si propini un’informazione spudoratamente falsificata di dati, statistiche, tabelle, notizie, mentre tutta la vita politica è ormai del tutto allineata ai complessivi disegni del potere ?Come non pensare alla complessiva e delirante gestione dell’informazione sulla pandemia, dove grandi uomini, premi Nobel, eminenti studiosi sono stati messi a tacere perché non allineati?
Il banchiere Attali, eminenza grigia di più sgargianti cardinali, presidenti francesi – da Mitterand a Macron, già nel 2009 elogiava le virtù di una «potente crisi dovuta a pandemia», strumento individuato come maggiormente efficace di una crisi posta (solo) su basi economiche, perché in grado di scatenare veramente la paura: «La storia ci insegna che l’umanità si evolve in modo significativo quando ha paura». È da notare la parola “evolve”, che potrebbe, come spesso accade nei discordi di questi nemici dell’Uomo, farci intendere tutt’altro. Ma poco più avanti Attali spiegava esaurientemente: «La pandemia che sta iniziando (2009!, si badi bene) potrebbe far scatenare una di quelle paure strutturanti». Osserviamo la parola “strutturanti”: che cosa devono strutturare? Continuo la citazione: «… affinché si mettano in atto meccanismi di prevenzione e controllo… Si dovrà organizzare: una polizia mondiale, un sistema stoccaggio delle risorse, una fiscalità mondiale».
Quando noi pensiamo ai gruppi di potere ai quali giova moltissimo il piano strategico a monte dell’odierna “pandemia” in corso, noi pensiamo subito alle case farmaceutiche (motori scoperti, più evidenti degli interessi economici), ma la realtà è molto più articolata e coinvolge aspetti molto più ampi della globalizzazione. Proviamo a rileggere documenti che hanno ormai età decennale, come gli Scenarios for the Future of Technology and International Development (del 2010). Che cos’è? Apparentemente è uno studio, una ricerca all’interno della quale un gruppo di futurologi immaginano una società globalizzata che vive una situazione (lo scenario, appunto) dopo una pandemia. Io ritengo però che tali scenari non siano frutto di pura immaginazione, quanto piuttosto delle indicazioni, delle istruzioni, o linee-guida sul modo in cui dovranno essere guidati gli accadimenti allo scopo di riformare le situazioni e gli equilibri economici, politici e sociali, in funzione degli interessi dei gruppi, di potere, ovviamente.
Nella relazione della Rockefeller Foundation (documento citato) si idea il ruolo della tecnologia «nel campo emergente della prospettiva a favore della povertà», dove davvero, a mio parere, bisogna leggere letteralmente “a favore della povertà” e non, come qualcuno sarebbe tentato di fare, “dei poveri”. Sotto l’apparente obiettivo di ampliare il pensiero «su opportunità e ostacoli» per mezzo di narrazioni, in realtà gli scenarios sono preannunci, pronostici, predizioni di eventi che si faranno accadere.
Nei suddetti scenarios il primo step immaginato di comportamento della popolazione dopo effetti eclatanti causati da shock importanti viene denominato Lock step, in cui si ha occasione di attuare un controllo governativo molto più stringente, con una leadership piuttosto autoritaria. Si dice che le condizioni post shock possono accelerare lo sviluppo avanzato di nuove tecnologie: nel documento viene citata la risonanza magnetica che diviene regola negli aeroporti, e in aree pubbliche, utile a rivelare «comportamenti anomali con intenti antisociali»; vengono suggeriti strumenti diagnostici per rilevare malattietrasmissibili; attenzione viene data alla necessità della sorveglianza del traffico Internet. Insomma, ci troviamo di fronte a strumenti tecnici utili ai gruppi dominanti per riuscire agevolmente a controllare, tracciare, schedare in modo diffuso e capillare i singoli individui.