La farina di grillo, con quella di locusta migratoria e la polvere ottenuta dal verme della farina (Tenebrio molitor) sono state definitivamente approvate dalla Unione Europea. Pronte per saltare nel nostro piatto, terranno presto buona compagnia alla carne ottenuta in laboratorio. Come si ottiene la carne in vitro? Chiediamolo alle streghe shakespeariane.
Cominciamo dalla fine. Dunque dal dessert.
Ed ecco a voi le gradevolissime cavallette caramellate! Guardatele, come sono pronte a saltare nel vostro piatto, e voilà, semplici e facili da realizzare anche nella vostra cucina, amate da grandi e piccini. O no? Personalmente preferirei un bello scorpione caramellato, con tanto di pungiglione, ma pare che per ora mi debba accontentare. Ma nutriamo molte speranze che cibo spazzatura e cibo transgenico allieteranno via via sempre più le nostre mense. Una cosa è certa: nella precisa volontà di alcuni di rendere sempre più basso e abominevole il piano materiale dell’umanità, non troverà spazio il frizzo creativo e immediato di qualche vecchia strega che, uscita dalle pagine di Shakespeare, dovrà lasciare il posto alle costruzioni dei transumanisti. Godiamoci ancora per un po’, prima che sia definitivamente messo in pensionamento, il guizzo creativo di chi per preparare pozioni doveva metterci del suo, rimestando e attizzando, mentre il brodo bolliva e il fuoco crepitava:
«Questo rospo che dormì / trentun notti e trentun dì… / Bolla prima in questa broda…/ Questa biscia di pantano /bolla e cuocia a mano a mano; /D’un ramarro aggiungo un occhio / E la zampa di ranocchio, / Con il pel di pipistrello 7 E d’un verme col pungello… / »
Se qualcuno ha qualcosa in contrario, sia chiaro che ha solo grilli per la testa!
A proposito di grilli: fuori di torno tutti gli appassionati di made in Italy e di dieta mediterranea, tutti coloro che pensano che il cibo sia cultura e la cultura anche cibo!: i nostri governanti della Unione Europea, che ci considerano alla stregua di pennuti, così hanno deciso. E così sarà.
Intanto nella nostra Italietta una catena di fast food a Milano ha già servito l’hamburger di grillo, che ha debuttato a febbraio in Porta Romana: «novel food sostenibile e instagrammabile», è stato definito. Infatti è ovvio che il cibo debba innanzi tutto adattarsi coloristicamente, in senso fisico e metaforico, ad essere fotografato e a girare con successo sui social, rinforzando la visibilità di chi lo mangia (o ne è mangiato?!).
E così l’obbrobrio è stato servito in un bel panino verde, a base di spirulina, guarnito di scamorza, cavolo viola, patate e salsa. Molti si sono accalcati per vivere la nuova esperienza gastronomica, nessuno è ancora morto, malgrado l’indigeribilità da parte dell’apparato digestivo umano della chitina contenuta nei grilli, che tuttavia risulta appetitosa per funghi, parassiti e cancro, e forse darà i suoi frutti quando ben accumulata nel tempo nell’organismo umano, soddisfacendo così le aspettative dei malthusiani.
Ma tant’è: l’Unione Europea ha autorizzato la polvere di Acheta domesticus, vale a dire la farina di grillo, secondo il regolamento della Gazzetta Ufficiale del 3 marzo 2023. Precedentemente era già stato approvato il consumo di tarme della farina essiccate (larva gialla della farina Tenebrio Molitor). L’autorizzazione, per essere più precisi, riguarda gli umani, non gli animali.
Grilli, vermi, e locuste migratorie dunque, sono benvenuti, secondo la UE, come aggiunta insieme con farine multicereali, nei grissini, nei biscotti, nella pasta secca, farcita e non farcita, nelle salse, negli snack, nelle preparazione del pane, delle barrette dietetiche, nel cioccolato, nella birra e e nei sostituti della carne.
«…D’un dragone l’aspra scaglia, / ’uno squalo la ventraglia, / D’una lupa zanna acuta / Con radici di cicuta… / E d’un tasso un ramo secco / Che, eclissandosi la luna, / Colto fu nell’aria bruna…»
A tutti i nemici della carne e di coloro che molto si preoccupano del trattamento degli animali negli allevamenti intensivi non farà piacere sapere che il trattamento del grillo domestico e dei vermi della farina -esseri comunque senzienti – prevede che essi siano sottoposti a un digiuno di 24 ore, allo svuotamento intestinale, al lavaggio, all’uccisione tramite congelamento o, in alternativa, all’immersine in acqua bollente, a un successivo trattamento termico, all’essiccazione, all’estrazione dell’olio, e infine alla macinazione.
Naturalmente viene vantato l’alto valore proteico, alternativo a quello fornito dai mammiferi, comprensivo della presenza di amminoacidi, fibre minerali come calcio e ferro, vitamina B12, acidi grassi e omega 3.
Ma la parola magica per sostenere la presenza degli innocui grillo&company nella nostra dieta è: ecosostenibilità. Il virtuoso grillo, infatti, al pari del verme della farina, il cui spirito di attivismo e di efficienza è noto in ogni casa quando si conservi un po’ di farina nella madia, richiede una piccola porzione di terra, in confronto all’esigente vacca, che ha il vizio di consumare anche tanta acqua, e lui, il grillo, produce solo l’1% di gas serra. Insomma le povere creature contribuiranno senz’altro a salvare il pianeta dal riscaldamento climatico!
Non si dice mai che il mercato dei grilli raggiungerà la stima di tre miliardi e mezzo di dollari entro il 2029.
Se abbiamo dubbi che la diffusione degli alimenti con insetti faccia parte di un vasto progetto di reset della nostra cultura, delle nostre radici, della nostra identità, è bene sapere che negli USA la American Food and Drug Administration ha già autorizzato la costruzione della carne di pollo in laboratorio, e la minaccia che l’apertura a una simile pratica in futuro (a breve) possa riguardare l’Europa è reale.
«…D’una serpe il doppio stocco / Ed un’ala di un allocco, / Di lucertola un piè rimane / Ed infin lingua di cane: / perché il filtro sia potente / bolla e bolla ogni ingrediente».
La Coldiretti ha dichiarato: «Non è carne ma un prodotto sintetico e ingegnerizzato, non salva gli animali perché viene fabbricata sfruttando i feti delle mucche, non salva l’ambiente perché consuma più acqua ed energia di molti allevamenti tradizionali, non aiuta la salute perché non c’è garanzia che i prodotti chimici usati siano sicuri per il consumo alimentare, non è accessibile a tutti poiché è nelle mani delle grandi multinazionali».
E come si costruisce la finta carne? La carne creata in laboratorio si produce facendo crescere le cellule staminali, prese da animali vivi, in una coltura di sostanze nutritive. La crescita e lo sviluppo fanno parte di un processo che ha luogo in bioreattori.
I dubbi riguardano le possibili mutazioni delle cellule riprodotte in laboratorio, le quali sono esposte a processi di crescita molto rapidi, praticamente esponenziali, e che necessitano di controlli costanti. Come in natura potrebbero verificarsi degli errori ma, a causa della rapidità dei processi la natura stessa avrebbe ben scarse possibilità di correggere eventuali errori nello sviluppo di linee cellulari difettose. In tal caso gli effetti sulla salute umana non sarebbero né prevedibili né controllabili.
Al termine del processo artificiale per produrre la carne da alcuni definita di Frankenstein, l’alimento conterrà necessariamente moltissimi conservanti e additivi perché il prodotto possa raggiungere, almeno nell’aspetto e nel gusto, (dati di aroma, consistenza, tessuto, sensazioni tattili alla masticazione, ecc.) uno standard accettabile per il palato umano.
Le preoccupazioni che riguardano la manipolazione del cibo, attuata per renderlo artificiale non coinvolge solo il piano fisico e chimico, ma si allarga ai piani emotivo, mentale e spirituale. L’uomo è ciò che mangia, diceva il filosofo Feuerbach. E infatti quando noi mangiamo immettiamo qualcosa nel nostro corpo; noi riceviamo. Con il cibo entriamo in una relazione profonda.
Noi viviamo in una società multiculturale, ma in ognuna delle culture che la compongono il cibo, che è elemento culturale per eccellenza, si carica di un certo numero di simboli rappresentanti valori e credenze. Anche le religioni giocano il loro ruolo: ci sono cibi permessi e proibiti, cibi elettivi a altri poco graditi.
Ma qui è diverso: non vi è alcuna relazione con il tipo di cibo che si prefigura nel futuro sulle nostre mense e una qualsivoglia forma di cultura; qui semplicemente non si vuole più riconoscere che, al di là delle differenziazioni, esiste una forza creatrice che unisce ogni creatura e che noi facciamo parte di un tutto che è vibrazione, energia, frequenza.
Quando noi non crediamo più al valore della terra, attraverso cui l’alimento si costruisce in modo naturale, e non si rispetta la vibrazione degli alimenti che entrano nel nostro corpo, ci stiamo davvero allontanando dalla consapevolezza. È vero che già ingurgitiamo junk food, ma che vibrazione potrà avere una fetta di carne cresciuta in un bioreattore?
«Tutto questo addensa e aggruma / La miscea che bolle e spuma… / Dai e ridai, rimesta e attizza, / Bolle il brodo e il fuoco guizza».